venerdì 19 giugno 2009
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venerdì 22 maggio 2009
Gentile I love you
IL FASCISMO NEGATO Falsi miti e luoghi comuni
la Repubblica — 11 settembre 2008 pagina 41 sezione: CULTURA
«È il nostro paese, la nostra cultura nazionale, a non aver mai fatto i conti fino in fondo con il totalitarismo fascista. Le recenti sortite del sindaco di Roma e del ministro della Difesa avvengono in un contesto politico e culturale che le legittima, in un terreno favorevole concimato in questi anni da formulazioni e stereotipi diffusi purtroppo anche in parte della storiografia e nel discorso pubblico». Quella di Emilio Gentile, storico del fascismo tra i più noti sul piano internazionale, è un' antica battaglia culturale. I suoi saggi - tradotti in molti paesi - insistono su questo fenomeno tutto italiano che è la "defascistizzazione del fascismo", lo svuotamento operato sul regime dei suoi tratti liberticidi originari, la negazione del carattere totalitario. «In un mio saggio recente, a proposito di questa inclinazione nazionale all' autoassoluzione, cito la provocazione d' un anonimo secondo cui il fascismo non è mai esistito. Da battuta è diventata profezia». In Germania è impensabile che il ministro della Difesa elogi il patriottismo delle SS o il suo collega francese pronunci accenti commossi per Vichy. Perché succede da noi? «In Italia è stato cancellato tutto quello che il fascismo ha rappresentato come distruzione della democrazia e umiliazione della collettività. La defascistizzazione del fascismo nasce da un totale travisamento di quello che il regime è stato. A quest' offuscamento non è estranea la cultura antifascista. Per molti anni è prevalsa a sinistra l' immagine d' un regime ventennale sciolto come un castello di carte, una "nullità storica" con cui in sede storiografica s' è cominciato a fare i conti troppo tardi. A destra gli umori hanno oscillato tra la caricatura e l' indulgenza, fino alla tesi del fascismo modernizzatore: un' interpretazione che dura tuttora». Per i suoi eredi politici il fascismo è una dittatura nata per caso. «I neofascisti hanno sempre negato il carattere intenzionale della dittatura, escludendone il tratto totalitario. È la tesi circolata nel Movimento Sociale fino agli anni Ottanta, uno schema interpretativo che si riflette sulle prime dichiarazioni di Gianni Alemanno a Gerusalemme: da una parte il fascismo, fenomeno complesso; dall' altra le leggi razziali, vergogna indotta da Hitler». Poi il sindaco di Roma ha affrettato una correzione, aggiungendo in modo contorto che non poteva disconoscere l' esito liberticida del fascismo. «Sì, ha parlato di fenomeno totalitario, categoria negata ancora da molti storici di destra, e non solo. Ma non capisco come possano stare insieme il riconoscimento della natura totalitaria del fascismo con la sua assoluzione fino alle leggi razziali. Gran confusione alberga nella destra postafscista italiana, con un equivoco di fondo». Quale? «Partiamo da una domanda essenziale: la dittatura è un fatto accidentale o appartiene all' essenza del fascismo e alla volontà di Mussolini? Le leggi razziali sono estranee a ciò che il fascismo era stato fino a quel momento? Se noi optiamo per una lettura accidentale, le leggi antisemite furono un incidente di percorso dovuto a influenze esterne. Con tutto quello che ne consegue: la buona fede, il patriottismo, i valori di chi servì il fascismo». È questa la lettura espressa da autorevoli dirigenti di Alleanza Nazionale oltre che importanti cariche istituzionali. «Ma è un metodo inaccettabile! Con questi stessi criteri si possono riscattare lo stalinismo e il nazismo. Fino al 1941, quando il Fuhrer decise la soluzione finale, il nazismo fece tante cose buone: nessuno potrebbe negare storicamente che fu per patriottismo e non per odio agli ebrei che milioni di tedeschi videro in Hitler il salvatore. Sempre seguendo questo metodo, potremmo dire che De Gaulle e Petain avevano in contrasto solo la linea del fronte: per il resto erano due patrioti francesi...». Il patriottismo diviene una categoria molto arbitraria. Il ministro La Russa ha reso omaggio al valore dei "patrioti di Salò". «Quale patria? Una delle caratteristiche del fascismo fin dalle origini fu quella di negare l' esistenza di una patria di tutti gli italiani: esisteva soltanto la patria di coloro che aderirono al fascismo. Anche soggettivamente il patriottismo fascista fu liberticida. È Mussolini che il 4 ottobre del 1922, prima della Marcia su Roma, dichiarò che lo Stato fascista avrebbe diviso gli italiani in tre categorie: gli indifferenti, i simpatizzanti e i nemici. Questi ultimi, annunciò, andavano eliminati. Se si parte da queste premesse, non c' è più una patria degli italiani: c' è solo la patria dei fascisti. Per i seguaci del duce, Amendola e Sturzo non sono italiani. È questa stessa logica che nel 1938 conduce Mussolini ad affermare che gli ebrei sono estranei alla razza italiana e per questo vanno discriminati». Un altro stereotipo invalso in articoli, libri, interviste su Salò è quello della buona fede dei ragazzi che vi aderirono. «Per capire storicamente si deve considerare anche la buona fede. Ho scritto anch' io sul patriottismo nella Rsi. Ma la buona fede non può essere un criterio di valutazione storica! Se avessero vinto Mussolini e il Fuhrer, che ne sarebbe stato di questi patrioti idealisti o non fascisti? Che fine avrebbero fatto in un nuovo ordine dominato da Hitler, ancor più totalitario, razzista e nutrito d' odio feroce? Anche i responsabili dei campi di concentramento nazisti come Rudolf Hoss, il comandante di Auschwitz, professarono d' essere bravi padri di famiglia e sinceri amanti della patria. Forse lo pensavano anche i guardiani dei gulag». Perché secondo lei la destra postfascista ha difficoltà a riconoscere una realtà storica così evidente? La condanna di An finora s' è limitata alla vergogna delle leggi razziali: mai una parola sui delitti precedenti, da Amendola a Matteotti, Gobetti e i fratelli Rosselli, Gramsci che muore per la galera. Senza contare le vittime della violenza squadrista, tra il 1920 e il 1922, circa tremila morti. E i ventottomila anni di carcere comminati complessivamente dal Tribunale Speciale agli antifascisti, con una trentina di condanne a morte. E gli eccidi commessi in Africa, più tardi centinaia di migliaia di italiani mandati a morire nella guerra voluta da Mussolini. Su tutto questo un prolungato silenzio. «Una realtà storica che non si presta a equivoci. Sono persuaso che queste dichiarazioni estemporanee, confuse e contraddittorie, di due importanti esponenti di Alleanza Nazionale siano anche il frutto di scarsa conoscenza delle vicende del fascismo, di quel che ha detto e fatto Mussolini contro la democrazia. Nel neofascismo è sempre prevalsa una visione mitico-nostalgica, che evidentemente sopravvive ancora a dispetto della conoscenza storica». Su questa visione irrazionale s' innesta la nuova vulgata suggerita anche da tanta parte della pubblicistica che si professa liberale. È innegabile che in questi anni abbia operato nella stampa quotidiana, in tv e in libri di successo un filone neorevisionistico teso a screditare l' antifascismo e a defascistizzare il fascismo. «Se un autorevole storico come Piero Melograni dichiara al Corriere della Sera che il fascismo non è esistito ma è esistito il mussolinismo, posso contestarlo sul piano storiografico, senza però attribuirgli intenti ideologici. Certo, togliendo al fascismo i suoi attributi originari per i quali fu definito totalitario, si finisce per annacquarlo, facendone un fenomeno riducibile alla responsabilità di un solo individuo. E senza fare i conti con la vera natura del regime - nella complessità della sua origine, del suo svolgimento e della sua fine - sarà difficile affrontare con consapevolezza critica il problema dell' eredità fascista nelle istituzioni, nella politica, nella società e nei costumi degli ultimi sessant' anni. Ma una cosa più di tutto m' indigna». Che cosa, professore? «Che il nome di Renzo De Felice venga spesso citato per giustificare la riduzione del male del fascismo alle leggi antisemite e ridimensionare il problema della Rsi al patriottismo in buona fede». Accanto al De Felice storico c' è un De Felice più incline all' uso pubblico della storia, cui si richiamano alcuni dei suoi eredi. «A me interessa il grande studioso di storia. Sulle leggi razziali De Felice scrive che la responsabilità maggiore fu di Mussolini, della sua "incosciente megalomania" di trasformare gli italiani "in nome di principi e ideali che erano negazione di ogni principio e ogni ideale". Più chiaro di così. E ancora: "La tragica conclusione del fascismo è nelle sue stesse premesse e nella sua logica, nella sua sostanza antidemocratica e liberticida, nella sua mancanza di rispetto per i valori più elementari della personalità umana". Anche su Salò si espresse in modo inequivocabile, attribuendo alla Rsi l' origine della guerra civile. Non sono opinioni assolutorie». Professore, non le sembra segno d' un grave ritardo culturale che ora ci troviamo a ripetere sul fascismo considerazioni che dovremmo considerare l' abc d' una coscienza democratica? «Dopo le grandi passioni ideologiche d' una volta, su una spinta cinica e irrazionale il nostro paese ha forse rinunciato sia all' ideologia che alla conoscenza storica. Appare come svuotato, isterilito sul piano etico e nella coscienza civica. Sull' apologia del fascismo prevale l' apatia, l' insensibilità ai problemi della libertà. Gli italiani sembrano indifferenti alla storia, dunque più esposti alle semplificazioni. Mi chiedo cosa accadrà fra tre anni, quando ricorderemo la nascita dello Stato italiano. Forse riconosceremo che, soggettivamente, avevano ragione Metternich e Francesco Giuseppe nel voler mantenere l' Italia divisa e sottomessa? E invece Mazzini, Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele II oggettivamente sbagliarono a renderla unita e indipendente?». - SIMONETTA FIORIgiovedì 14 maggio 2009
Riflessione dopo la sfuriata anti-ignoranza.
sabato 25 aprile 2009
Hablemos español!
NEW YORK (OFICINA Y DENUNCIA)
A Fernando Vela
Debajo de las multiplicaciones
hay una gota de sangre de pato.
Debajo de las divisiones
hay una gota de sangre de marinero.
Debajo de las sumas, un río de sangre tierna;
un río que viene cantando
por los dormitorios de los arrabales,
y es plata, cemento o brisa
en el alba mentida de New York.
Existen las montañas, lo sé.
Y los anteojos para la sabiduría,
lo sé. Pero yo no he venido a ver el cielo.
He venido para ver la turbia sangre,
la sangre que lleva las máquinas a las cataratas
y el espíritu a la lengua de la cobra.
Todos los días se matan en New York
cuatro millones de patos,
cinco millones de cerdos,
dos mil palomas para el gusto de los agonizantes,
un millón de vacas,
un millón de corderos
y dos millones de gallos
que dejan los cielos hechos añicos.
Más vale sollozar afilando la navaja
o asesinar a los perros en las alucinantes cacerías
que resistir en la madrugada
los interminables trenes de leche,
los interminables trenes de sangre,
y los trenes de rosas maniatadas
por los comerciantes de perfumes.
Los patos y las palomas
y los cerdos y los corderos
ponen sus gotas de sangre
debajo de las multiplicaciones;
y los terribles alaridos de las vacas estrujadas
llenan de dolor el valle
donde el Hudson se emborracha con aceite.
Yo denuncio a toda la gente
que ignora la otra mitad,
la mitad irredimible
que levanta sus montes de cemento
donde laten los corazones
de los animalitos que se olvidan
y donde caeremos todos
en la última fiesta de los taladros.
Os escupo en la cara.
La otra mitad me escucha
devorando, cantando, volando en su pureza
como los niños en las porterías
que llevan frágiles palitos
a los huecos donde se oxidan
las antenas de los insectos.
No es el infierno, es la calle.
No es la muerte, es la tienda de frutas.
Hay un mundo de ríos quebrados y distancias inasibles
en la patita de ese gato quebrada por el automóvil,
y yo oigo el canto de la lombriz
en el corazón de muchas niñas.
Oxido, fermento, tierra estremecida.
Tierra tú mismo que nadas por los números de la oficina.
¿Qué voy a hacer, ordenar los paisajes?
¿Ordenar los amores que luego son fotografías,
que luego son pedazos de madera y bocanadas de sangre?
No, no; yo denuncio,
yo denuncio la conjura
de estas desiertas oficinas
que no radian las agonías,
que borran los programas de la selva,
y me ofrezco a ser comido por las vacas estrujadas
cuando sus gritos llenan el valle
donde el Hudson se emborracha con aceite.
Federico Garcia Lorca
NEW YORK (UFFICIO E DENUNCIA)
A Fernando Vela
Sotto le moltiplicazioni
c'è una goccia di sangue d'anitra;
sotto le divisioni
c'è una goccia di sangue di marinaio.
Sotto le somme, un fiume di sangue tenero;
un fiume che scorre cantando
nei dormitori delle periferie,
ed è argento, cemento, o brezza
nell'alba falsa di New York.
Esistono le montagne, lo so.
E pure gli occhiali per la saggezza,
lo so. Ma io non sono venuto a vedere il cielo.
Sono venuto a vedere il sangue torbido,
il sangue che trascina le macchine alle cateratte
e lo spirito alla lingua del cobra.
Tutti i giorni si ammazzano in New York
quattro milioni di anitre,
cinque milioni di porci,
duemila colombe per il piacere degli agonizzanti,
un milione di vacche,
un milione d'agnelli
e due milioni di galli,
che lasciano i cieli fatti a pezzi.
Ma è meglio singhiozzare affilando il coltello
o assassinare i cani nelle allucinanti partite di caccia,
che sopportare all'alba
gli interminabili treni di latte,
gli interminabili treni di sangue
e i treni di rose ammanettate
per i commercianti di profumi.
Le anitre e le colombe,
i maiali e gli agnelli
lasciano le loro gocce di sangue
sotto le moltiplicazioni,
e le terribili urla delle vacche munte
riempiono di dolore la valle
dove l'Hudson s'ubriaca di gasolio.
Io denuncio a tutta la gente
che ignora l'altra metà,
la metà irredimibile
che alza i suoi monti di cemento
dove battono i cuori
degli animaletti che si dimenticano
e dove cadremo tutti
nell'ultima festa delle fosse.
Vi sputo sulla faccia.
L'altra metà m'ascolta
divorando, cantando, volando nella sua purezza,
come i bambini nelle portinerie
che portano fragili bastoncini
ai buchi dove si ossidano
le antenne degli insetti.
Non è l'inferno, è la strada.
Non è la morte, è la bottega della frutta.
C'è un mondo di fiumi spezzati e distanze inaccessibili
nella zampina di questo gatto spezzata dall'automobile,
e io sento il canto del lombrico
nel cuore di molte bambine.
Ossido, fermento, terra fremente.
Terra tu stesso che nuoti nei numeri dell'ufficio.
Che faro’, ordinare i paesaggi?
Ordinare gli amori che poi son fotografie,
che infine son pezzi di legno e fiotti di sangue?
No, no; io denuncio.
Denuncio la congiura
di questi uffici deserti
che non diffondono le agonie,
che cancellano i programmi della selva,
e m'offro per esser mangiato dalle vacche munte
quando le loro grida riempiono la valle
dove l'Hudson s'ubriaca di gasolio.
martedì 21 aprile 2009
Questa canzone può essere rivelatrice...
il sole muore
Ed ogni scatola è perfetta
e ogni strada ha un'identità
Qui tutto bene
si continua a fingere
a fare il verso al fantasma
di una nuova libertà
E non ci sono più parole
e non ci sono più misteri
ed ogni giorno è uguale a ieri
e ogni giorno va e si dà.
Qui tutto bene, Simone Presciutti, Perdofoglie
lunedì 23 marzo 2009
domenica 22 marzo 2009
Mezzogiorno
Nessuno potrà vivere la mia vita al posto mio
Per quanto mi identifichi nel battito di un altro
Sarà sempre attraverso questo cuore
E giorno dopo giorno passeranno le stagioni
Ma resterà qualcosa in questa strada
Non mi è concesso più di delegarti i miei casini
Mi butto dentro vada come vada
Siamo come il sole a mezzogiorno baby
Mezzogiorno, Safari (2008), Jovanotti
martedì 2 dicembre 2008
Riflessione...esistenzialista.
L'uomo non riesce a contrastare in alcun modo questa sua ostinazione a vivere.
Si, proprio così, l'uomo si ostina a vivere, è ostinato in questo suo sforzo, è quasi sfacciato in questa sua ossessione.
L'uomo non sa accettare l'assurdo della vita, la relatività della conoscenza, il buio della morte, la sostanziale inutilità della sua presenza nel mondo.
E cerca quindi, tenta in tutti i modi e con affanno, di salvarsi, di attribuire un senso, un significato univoco, agli uomini,alle cose, alla sua stessa esistenza. Desiderio implacabile e non privo di legittimità, ma del tutto inefficace. Infatti nessuno può offrirci la verità, se non una verità parziale e sofferta della quale, inevitabilemte, percepiamo la sostanziale finitezza e inutilità.
domenica 2 novembre 2008
giovedì 23 ottobre 2008
Fahrenheit 451
"E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: NOI RICORDIAMO.
Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra."
venerdì 26 settembre 2008
POESIE contro la guerra Bertold Brecht (poeta e drammaturgo tedesco – 1898-1956)
è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Bertolt Brecht
martedì 24 giugno 2008
Cesare Pavese
venerdì 13 giugno 2008
martedì 13 maggio 2008
giovedì 8 maggio 2008
Umberto Galimberti (1942 – vivente), filosofo, scrittore e psicoanalista italiano.
U. Boccioni. Gli addii-Stati d'animo,1911
Partenze che sanno d'inganno,di estremo dolore,d'addio.
Partenze che sanno di odio,di amore straziato,
di oblio.
Silvia
La morte non avrà più dominio
Il sapere condiviso,l'amore per la conoscenza spengono l'indifferenza, colmano il vuoto e la miseria del cuore,raschiano il pregiudizio-il dolore triste del mondo.
Quando questa verità abiterà ciascuno di noi,quando la cultura manifesterà l'uomo a se stesso,rendendolo eterno, allora la morte non avrà più dominio.
Silvia
mercoledì 7 maggio 2008
venerdì 2 maggio 2008
sabato 26 aprile 2008
sabato 19 aprile 2008
Non al denaro, non all'amore nè al cielo
Un matto
(dietro a ogni scemo c'è un villaggio)
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro.
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz’ora basta un libro di storia,
io cercai d’imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky e malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l’ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c’è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
"una morte pietosa lo strappò alla pazzia"
sabato 12 aprile 2008
lunedì 7 aprile 2008
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giovedì 20 marzo 2008
Cesare Pavese
ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.
Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra - che già viviamo - e facendola vibrare, ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi."
sabato 8 marzo 2008
venerdì 7 marzo 2008
Parola di poeta.
DEUS ABSCONDITUS
Un semplice dato: Dio non si è nascosto, Dio si è suicidato.(Giorgio Caproni)
(SENZA TITOLO?)
Dio non c'é ma non si vede. Non è una battuta: è una professione di fede.(Giorgio Caproni)
mercoledì 5 marzo 2008
Poesie in forma "epigrammatica"
come foglie spinte dal vento
che si torcono aspettando tempesta.
Lascia. Solo il silenzio
riempie di senso le parole
non dette.
Quando piangerò lacrime vere
forse chissà mi vedrai sorridere.
Silvia